ANIMO D'ARTISTA

Arioso 5 Un artista per definizione dovrebbe essere uno spirito libero, sciolto dal giogo della necessità, un essere capace di giocare con la gravezza del vivere quotidiano e quindi sempre nella possibilità di volare, di afferrare ciò che altri, magari, riescono appena ad intravede. Un animo candido e fresco come quello di un bambino, un essere cioè molto ricettivo e curioso, sempre animato dal desiderio di conoscere ed imparare, ma anche disponibile, generoso nell’offrire se stesso.
Un animo risultato da una costante opera di raffinamento, sul quale la meditazione e il dolore esistenziale hanno lavorato con il cesello, levigando asperità e vuoti, facendo dell’interiorità un’opera d’arte, per creare in un uomo comune un animo speciale, nobile.

Luminoso Uomini di questo tipo esistono, artisti di nome e di fatto si possono incontrare nella vita, e questo é il caso di Sergio Zen.

Zen opera in uno studio custodito in un borgo fra i pendii rocciosi di Valdagno , un luogo isolato che favorisce la riflessione, l’introspezione.
Il suo modo di fare, i gesti, le parole, già rivelano la sua personalità aperta, luminosa, non incattivita dal malizioso consorzio umano mentre la sua interiorità sembra accendersi a contatto con l’esterno: ne nascono infinite situazioni intensamente poetiche che egli poi trasfonde nei suoi dipinti. Non si tratta di mera psicologia, di lettura psicoanalitica dell’opera d’arte, ma un riconoscere una pittura che nasce come atto di generosità verso il mondo e non solo come autoaffermazione dell’ego. Il suo trasporto verso gli altri lo si sente trasmesso anche sul piano della scelta espressiva, nel dotarsi un linguaggio fatto di segni come gesti, campiture di spaziocolore interpretati come emanazione, effusione di energia rigenerante. Che tutto poi sia manifestazione di energia sembra ribadito dalla sua insistenza sulla "poetica del colore": "il colore come emozione pura" (S. Zen) vive dentro l’artista e la realtà diviene occasione, stimolo per traduzioni creative dell’intensa vita interiore.
La pittura, dunque, in Zen nasce prima di tutto da una prepotente passionalità, da un desiderio di agire più che di contemplare, di comunicare. Non c’é distacco, anzi, i suoi quadri ci catturano e ci portano al loro interno o si donano alla nostra sensibilità riversandosi come fiumi gravidi su una terra riarsa. La fluidità delle stesure, infatti, sembra continuamente rinnovata da una fonte perenne, e lascia sulla tela una sostanza attiva, vibrante, irradiante di emozionalità. Di qui la scelta formale delle superfici che si sovrappongono, si stratificano o slittano; di qui gli interventi di unità segniche che si posano leggere ed aeree, tocchi ritmici a volte marcatamente lirici.

Ogni dipinto incendia di calore la nostra mente e il nostro cuore, elimina l’estraneità esterno-interno, le barriere, i confini, le gerarchie di ciò che sta sotto e ciò che sta sopra: permette di penetrare nel profondo del suo animo e del nostro senza spaventarci, bensì arricchendoci di autentica esperienza sensoriale.